La Sicilia è un’isola di racconti, di tradizioni trasmesse e ravvivate attraverso il filo sottile della memoria e grazie all’opera di amore, saggezza e dedizione di famiglie d’arte che per secoli hanno lavorato per tutelare un patrimonio ricchissimo ma fragile per la sua unicità e la sua immaterialità. Un esempio di questa preziosa attività di conservazione, senza la quale gran parte della storia della Sicilia si sarebbe persa nello scorrere del tempo, è il Teatro dei Pupi, ovvero il teatro delle marionette. Tra paladini di Francia, donne e cavalieri, duelli e armature, si sviluppa un racconto dal fascino antico, in cui è la lingua siciliana a primeggiare, quasi una melodia a tratti incomprensibile, suonata e narrata dal cuntastorie-puparo, creatore della scena e spettatore al tempo stesso, che regge le trame di questa storia senza tempo.
Divisa tra le due tradizioni, quella di Palermo e quella di Catania, l’Opera dei Pupi è entrata nel 2008 nel patrimonio UNESCO, come bene orale e immateriale dell’umanità. La differenza più evidente tra i pupi di Palermo e quelli di Catania sta nelle dimensioni e nelle articolazioni: leggeri e snodabili i primi, più pesanti e con gli arti fissi i secondi.
A mantenere viva la tradizione, riproposta per il pubblico locale e per i turisti nei caratteristici teatrini, le storiche famiglie di pupari tra cui Mimmo Cuticchio, Argento, Mancuso e Greco a Palermo, Crimi, Trombetta e Napoli di Catania, e altri nelle principali città e province siciliane. A Palermo inoltre, dentro il Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino ed il Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitrè si può ammirare la più ricca collezione di Pupi siciliani e stranieri.